La presenza del bufalo in Italia è attestata da reperti fossili sia in Lazio che sull’isola di Pianosa, la specie doveva vivere nell’area ma non venne mai addomesticata tant’è che i romani non la citano. Popolazioni di bufali vennero reintrodotte sulla penisola durante il VI secolo quando in Italia giunsero i Longobardi del re Agilulfo. Da qualche tempo, anche in ragione della elevata rusticità della specie, esistono allevamenti bufalini in Sicilia sia nel ragusano come nel nicosiano. Il bufalo è visivamente più tozzo del bue, non presenta la giogaia alla base del collo e la fronte e convessa. Le corna sono totalmente differenti. L pelliccia del bufalo è rada e la pelle si presenta quasi nuda e molto più coriacea di quella dei buoi. La notevole presenza di ghiandole sebacee la rende untuosa al tatto e la difende dall’umidità mentre la scarsa sudorazione li costringe a cercare refrigerio nelle pozze anche fangose. Gli zoccoli sono larghi e piatti per consentire la progressione nel fango. La colorazione del manto è generalmente scura, grigio ardesia, nera e, a volte rosso cupo. Nel bufalo si ha un minore dimorfismo sessuale e gli animali adulti raggiungono rispettivamente 7-8 quintali il maschio e 5 al massimo 6 quintali la femmina. Il latte delle bufale è utilizzato per la produzione di mozzarelle e derivati.
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