Il Faggio delle selve, è l’albero europeo per eccellenza, quello che popolava le grandi foreste del continente prima che l’uomo ne tagliasse la gran parte. Quando i romani iniziarono ad esplorare le terre selvagge dei germani dissero che lì si estendeva una gigantesca foresta, la “Silva baccuis” che altri non era se non la selva dei faggi. E nell’immaginario collettivo della cultura europea l’intricato tetto della foresta di faggi, buia d’estate sino a richiedere le torce di giorno, è il luogo ove si perdono le eroine delle fiabe, ove Biancaneve corre disperata in piena notte. Qui in Sicilia il Faggio è rimasto sulle più alte cime, disegnando quello che è il confine meridionale del suo areale, spinto qui dai ghiacci dell’ultima glaciazione e poi costretto a trovare rifugio lungo la catena nei pochi luoghi in cui le condizioni climatiche gli hanno consentito di resistere. Sappiamo che fino a circa 6000 anni fa il faggio popolava anche la parte centrale dell’isola, il suo polline è stato ritrovato nei limi del Lago di Pergusa, poi, l’innalzarsi delle temperature ne ha impedito la permanenza alle quote più basse, così gli esemplari che vivono sul Campanito e sulle altre montagne siciliane detengono il primato di essere i “faggi più meridionali al mondo”.
Forma Biologica: P scap – Fanerofite arboree. Piante legnose con portamento arboreo.
Descrizione: Specie molto importante per i nostri boschi, può arrivare in buone condizioni edafiche, a 40m di altezza, ma normalmente si incontrano, nelle faggete mature, piante di 30-35m di altezza e diametri del tronco, dagli 80-100cm a 200-250cm. Albero non molto longevo (200-300 anni), con tronco dritto e slanciato.
La chioma è costituita sia da grossi rami ascendenti, che da rami più fini che formano un angolo molto acuto (30°) e danno un aspetto piuttosto globoso ed ampio. La corteccia appare grigio chiaro, liscia con caratteristiche striature orizzontali, spesso è colonizzata da licheni. Una caratteristica unica è anche la formazione, nella parte basale del tronco, di piccole protuberanze sferoidali dette “sferoblasti”, similmente all’Olivo, ma in questo caso producono solo dei rametti e non possono rinnovare agamicamente la pianta. Le foglie sono semplici, alterne, caduche, di forma ellittica o ovale-ellittica
con apice acuto ma a volte anche ottuse, lunghe 4-9cm con la massima
larghezza a metà lamina o poco più in sotto; hanno margine intero
e ondulato, la pagina inferiore è più chiara. I fiori maschili sono riuniti in infiorescenze a capolino composto da 6-16. L’infiorescenza femminile è eretta e con breve peduncolo formata da 2 fiori, a volte 3, dentro una cupola verdastra a quattro lobi tomentosa. Il frutto viene, chiamato faggiola, è una noce con pericarpo coriaceo lucido
e a maturità (settembre-ottobre) di colore marrone. La cupola del
frutto è coperta da lunghe squame subulate rigide, è lunga circa 2,5cm e contiene 2 faggiole, la dispersione si protrae per tutto l’autunno. Il seme ha forma piramidale a base triangolare. La maturità riproduttiva avviene in bosco, molto tardi a 60-80 anni, mentre negli esemplari isolati in metà tempo, la fruttificazione è incostante ma ogni 4-5 anni diventa abbondantissima (pasciona). È un ottimo combustibile e produce un carbone ricercato.
Tipo corologico: Centroeurop. – Europa temperata dalla Francia all’Ucraina. Europ. – Areale europeo.
Antesi: La fioritura è contemporanea alla fogliazione in maggio
In Italia il Faggio si trova nelle zone montane in tutte le regioni e le isole mediterranee orientali; al nord un tempo era sporadicamente presente in molte zone dell’alta Pianura Padana e veneto-friulana.
Habitat: L’ecologia del Faggio è caratterizzata da climogrammi riferibili a zone fitoclimatiche di tipo prettamente oceanico e suboceanico o del Fagetum caratterizzate da una piovosità di tipo equinoziale e totale assenza di periodi secchi. Forma associazioni in cui la specie predomina anche a causa di interventi antropici selettivi a lui favorevoli.
Etimologia: Il nome del genere deriva dal greco dorico “fagós”, da “fágo” io mangio; il nome specifico da errata grafia per “silvaticus”, da “silva” selva, bosco: silvestre, silvano.
Usi e tradizioni: Il legno del faggio è usato da sempre nella falegnameria sia per la sua facilità ad essere piegato che per la quasi totale assenza di nodi. Già Virgilio lo cita nelle Egloghe per la produzione di contenitori. Le faggiole sono commestibili, rappresentano la base della catena trofica della faggeta, sono ricche di olio che secondo diversi autori sarebbe di qualità inferiore solo a quello dell’ulivo.